Si parla tanto di anonimato, ma meno di invisibilità.
Potrebbe essere proprio l’invisibilità la soluzione o quantomeno una possibile soluzione alla sopravvivenza.
Non esistere o almeno non essere visibile.
Nel “non apparire” ci potremmo ritagliare uno spazio di libertà.
Potrei fare tante cose nella vita, sento di avere delle capacità e delle doti pure io – lo giuro! – che potrei sfruttare. Potrei propormi seriamente nel mercato del lavoro. Potrei anche fare un sacco di soldi se solo mettessi da parte un paio di remore ideologiche e alcune non importanti attitudini caratteriali, d’altra parte di compromessi se ne fanno tutti i giorni.
Con un pizzico di creatività – ed io di creatività stanne certo ne ho alla grande! Oh! se ne ho di creatività! – potrei vendere quello che più mi appassiona, mi diverte, mi piace. Potrei vendermi.
Vivere in questa società potrebbe essere come giocare, divertirsi coi numeri dell’economia, fare a gara con i concorrenti, sgomitare, chiudere un gli occhi, turarsi il naso, tapparsi la bocca, legare il corpo e lasciarsi andare nel vuoto.
Lo fanno miliardi di persone, perchè non potrei farlo anche io?
Invece, ovviamente, niente da fare. Non solo non ci riesco, ma credo sia meglio fare qualcosa in più, andare oltre.
Preferisco non esserci, starmene fuori.
Fuori dalle statistiche, fuori dai loro libri contabili, fuori dagli uffici collocamento, ma anche accettare il rischio più generico di non apparire e quindi di non essere mai esistito.