Tra un treno e l’altro

PRIMA PAGINA

Fantastico.
A pensarci oggi, tutto mi appare impossibile, irreale, sognato.
Avevo una divisa.
Volevano portassi la cravatta.
Imparai a farmi il nodo.
Non ci credo.
Ero stato assunto in Ferrovia da poco, a controllar biglietti. Avevo venti, ventun anni, pischello.
La testa sulle spalle e le spalle non mi dolevano.
Mio fratello, più piccolo di me di tre anni e mezzo, lui Vergine, io Capricorno, se n’era andato a Londra. Di nascosto.
Pochi giorni ed era tornato vestito tutto di nero, rasato sopra le orecchie.
Dice di aver visto i Virgin Prunes e chissà cos’altro, che era un modo per illuminarsi.
Per me, vederlo così trasformato, fu uno shock. Pazzesco. Adesso che fa l’infermiere e mi dà dell’estremista.
Ai tempi lui diede l’esempio, fece il primo passo.A me, proprio a me, che ero fermo a Robert Smith, portò da Londra una scarica di vita altra, metropolitana, a Ceriale, in provincia di Savona.
Ma la vita ti cambia o forse no, non è la vita che ti cambia: lui è rimasto quello che era anche se non lo vuole ammettere.
Succede che si decide di spostare lo sguardo, ma non è la vita a farti cambiare prospettiva.
E’ la paura.

Ho sempre vissuto in un mondo parallelo, su di una frequenza diversa da quella normale, disallineato. Sempre vibrato dissonanza, ma quando lo vidi tornato “così conciato”, per tre mesi rimasi scosso e con lo sguardo fisso, nel vuoto.
D’altronde io sono il primogenito. Come dice Emilia: “Hai delle responsabilità” .
Quando andavamo all’asilo, insieme, io lo tenevo per mano e lo proteggevo. Sarei morto per lui.
Si vibrava assieme e nessuno avrebbe potuto farci del male perché quando vibri ad una frequenza diversa dal Male sei inafferrabile, intoccabile, inviolabile.
Tornò rasato sopra le orecchie – ho anche una foto, se volete – e questo mi diede una scossa, io che ero stato assunto in Ferrovia e dovevo portare il cappello e la cravatta.
“Buttala via quella divisa! Non permettere ti buttino giù la frequenza, quella non è la vita tua! Lascia tutto, purificati, metti vestiti neri, ucciditi e rinasci!” diceva la mia guida interiore.
“Tu! Proprio tu! Parlo con te! Tu che sfogli orari e prontuari controvoglia, che perdi tempo a far biglietti, la tua vita è altrove!”

Non dare nulla per scontato

Non dare nulla, ma proprio nulla, per scontato.
Non sto parlando di saldi e offerte speciali, mi riferisco ad una condizione patologica che l’homo modernicus pre-catastroficus vive da qualche decina di anni in occidente (nel senso scontato del termine).
Mi riferisco al fatto che tutti, o quasi tutti, diano il nostro modo di vivere come acquisito, conquistato, appunto, scontato.
La pensione per esempio. Tutti pensano che bisogna vivere e lavorare per poter un giorno, da vecchi, riposare avendo uno stipendio garantito: “godersi il meritato riposo”.
Diamo per scontato che si debba avere un lavoro – lo dice anche la Costituzione! – come se lavorare fosse una espressione naturale dell’uomo di tutti i tempi, quando sappiamo che per milioni di anni l’umanità non ha lavorato. Mi permetto di dire che si dà per scontata la catena di montaggio addirittura, il lavoro in miniera così come fare il presentatore di quiz televisivi. Si dà per scontata la pompa di benzina, la bolletta della luce. Ma direi di più, si danno per scontato tante altre cose, oltre il bancomat, la polizia stradale, il Canadair e la lavastoviglie, si dà per scontato che non ci saranno più guerre, che non ci sarà più la fame, che non si soffrirà più il freddo, al massimo si farà fatica ad arrivare a fine mese. Si dà per scontato che debba esistere il carcere, così come il corso di danza per la figlia.
Andiamo in panico se manca lo zucchero per il caffè o il formaggio da grattare sugli spaghetti. Viviamo come se non dovessimo ammalarci mai, come se dovessimo vivere in eterno, anche se si pensa che l’unica cosa certa sia la morte, cosa c’è di più scontata della morte?
È ovvio che tutto questa scontatezza sia pericolosa e che nasconda una fragilità ed una ingenuità che non lascia presagire niente di buono per il futuro.
Credo quindi che sia meglio approcciare la vita in una maniera meno scontata, meno ipocrita, svelando la precarietà di ogni momento, di ogni cosa, di ogni rapporto.
22/09/2011

Libertà e libertari

Ma piantatela, finti libertari che pensate che la mia Libertà finisce dove comincia la vostra, che pensate che la Costituzione ci protegge da una deriva autoritaria, che la Libertà, va bene, ma fino ad un certo punto. Piantatela, voi che non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire.
Ipocriti.
La Libertà è una cosa seria, sacra, non retorica infarcita di paure e buoni sentimenti. La libertà non la potete circoscrivere. Non la potete limitare con una legge o con una morale.
La Libertà ha a che vedere con la possibilità di scelta, sempre e comunque e con la ricerca incessante della nostra essenza interiore.

L’attivismo politico è morto.

Non sono mai stato un militante modello.
Non sono stato un rivoluzionario dei più coraggiosi. Lo ammetto.
Alle manifestazioni ho sempre cercato di evitare di trovarmi dentro scontri.
Non amo la violenza, astrologicamente sono terra terra.
Sono carente di fuoco. Non m’infiammo con facilità.
Non odio abbastanza.
Nonostante questo, ho dato il mio piccolo contributo.
Spesso solo numerico.
Di questi tempi, dopo quello che ho visto e, soprattutto sentito, durante questo periodo di psico emergenza, ho preso coscienza che la lotta politica per quello che è stata fino a oggi, non mi interessa più.
Serve un salto di coscienza e sento il bisogno di una riflessione collettiva che porti ad una svolta, un’evoluzione.
Non siamo più credibili.