A pag.16 del “Buco quadrato”, un libretto che sta diventando ingombrante perchè devo farci i conti continuamente, scrivevo:
“Proseguendo, giorno dopo giorno, nel mio esperimento, ho realizzato che forse avrei dovuto rovesciare il rapporto di dipendenza uomo-lavoro: era il lavoro che avrebbe dovuto essere dipendente da me e non viceversa; in sostanza ho deciso che non sarei piú stato io a cercare il lavoro ma che sarebbe stato il lavoro che, eventualmente, se proprio avesse avuto bisogno di me, mi avrebbe cercato. Inoltre, ovviamente, dovevo mettermi nelle condizioni di rifiutarlo, perché spessissimo il lavoro fa male.
Quindi smisi di cercarlo. “
Ieri, incautamente, ho ignorato questa regola, ho tradito questo proposito, ho disatteso questa linea programmatica, ho trasgredito questa legge fondante della mia vita, e l’ho pagata.
Non sono in forma, vi confesso che sono proprio in crisi, non mi gira bene, mi va quasi tutto storto, ma è strano, sembra quasi che me le stia andando a cercare.
I sensi di colpa e la preoccupazione di non farcela mi fanno perdere lucidità e freddezza e, nonostante la sera prima il cielo fosse stellato e io riuscissi a comprendere l’insignificante presenza umana nell’universo, la mattina seguente, dopo 27 anni dall’ultima volta, sono lo stesso andato a cercarlo.
Il “lavoro”, che è suscettibile, e che ha sicuramente letto il mio libretto, si è vendicato.
È stata una debacle, le forche caudine, una vergogna, una gogna.
Non entro nei particolari, il lavoro che chiedevo non era dei più usuranti, non era un posto fisso, era molto creativo, sembrava proprio fatto per me: un artista del cazzo!
Giusto così.
La mia vita sperimentale sta finalmente giungendo a risposte definitive, quasi scientifiche: io non devo cercare lavoro!
Mai più il mondo del lavoro mi vedrà ai suoi piedi!
Non mi avranno mai!!!
Mai.