Proposta di decreto legge:
Chi non lavora da più di sei mesi è obbligato a suicidarsi.
il fuggitivo
Mi sento un fuggiasco, ossessionato dal dovermi continuamente nascondere.
Solitamente vivo al 20%, inespresso.
Quello che sono veramente me lo devo tenere per me, e le poche volte in cui mi sono lasciato andare, completamente scoperto, sono stati casini.
Sono i momenti in cui me ne frego delle conseguenze e dico la mia opinione nella maniera meno dialettica possibile, meno filtrata dalle buone maniere, attimi in cui agisco come se fossi da solo sulla Terra, l’unico abitante, libero, senza doverne rendere conto a nessuno.
bibliografia del buco quadrato
Ho cominciato a leggere sul serio molto tardi, verso i 30 anni, colpa del fatto che prima non riuscivo a stare fermo. Stare seduto con un libro o con una penna in mano era una faticaccia, troppe cose da fare, come per esempio buttarmi giù da un palco o zigzagare su uno skate per le lisce vie della mia pseudo cittadina.
Leggere e scrivere non sono attività salutari: stare fermi, in posizioni non naturali, con lo sguardo incollato ad uno schermo, con le gambe incrociate e le braccia rigide. Anche per questo non leggevo molto.
Unici momenti in cui mi sentivo autorizzato a leggere erano i frequenti viaggi in treno, ma altrimenti mi lasciavo sopraffare dal movimento.
Comunque sia, quello sotto è un elenco molto selezionato di titoli che mi hanno segnato, che mi hanno formato, che mi hanno cambiato e che continuano a stare con me.
In ordine alfabetico:
-Autori vari: “Anarres” tutti i numeri della rivista libertaria edita alla fine degli anni 80;
-Giorgio Antonucci: “Il pregiudizio psichiatrico” (Eleuthera);
-Bob Black: “L’abolizione del lavoro” (Nautilus);
-Giuseppe Bucalo: “Dietro ogni scemo c’è un villaggio” (Sicilia punto L
edizioni);
-Pippo Carrubba: “Il posto fisso” (L’alternativa);
-Masanobu Fukuoka: “La rivoluzione del filo di paglia” (Libreria Editrice
Fiorentina);
-Ursula Le Guin: “I reietti dell’altro pianeta” (Nord edizioni);
-Errico Malatesta: tutto;
-Enrico Manicardi: “Liberi dalla civiltà” (Mimesis edizioni);
-José Peirats: “La CNT nella rivoluzione spagnola” quattro volumi (Edizioni Antistato);
-Marge Pierce: “Sul filo del tempo” (Eleuthera);
-Peter Singer: “Liberazione animale” (Lega anti vivisezione);
-Tuiavii di Tiavea: “Papalagi” (Stampa alternativa);
-Cristina Valenti(a cura di): “Conversazioni con Judith Malina” (Eleuthera).
-Nanni Balestrini: “Vogliamo tutto” (Feltrinelli)
Sono tutti titoli presenti nella biblioteca popolare nomade.
tutto scontato
Non sto parlando di saldi, sconti e offerte speciali, mi riferisco ad una condizione quasi patologica, senza quasi, che l’homo modernicus pre-catastoficus vive da qualche decina di anni in occidente (nel senso scontato del termine).
Mi riferisco al fatto che tutti o quasi danno il nostro modo di vivere come acquisito, conquistato, appunto, lo danno per scontato.
La pensione per esempio. Tutti pensano che bisogna vivere e lavorare per poter un giorno, da vecchi, riposare avendo uno stipendio garantito: “godersi il meritato riposo”. Con la scusa che tutti danno per scontata la pensione, ci stanno allungando gradualmente gli anni di lavoro.
Diamo per scontato che si debba avere un lavoro – lo dice anche la Costituzione! – come se lavorare fosse una espressione naturale dell’uomo di tutti i tempi, quando sappiamo che per milioni di anni l’umanità non ha lavorato. Mi permetto di dire che si da per scontata la catena di montaggio addirittura, il lavoro in miniera così come fare il presentatore di quiz televisivi. Diamo per scontato che la moglie o il marito stiano con noi tutta la vita, che si costruisca una vita assieme e poi, quando scopriamo che il partner ci ha fatto il bidone, non ci capacitiamo e andiamo in crisi, in merda. Si dà per scontata l’energia, la pompa di benzina, anche la bolletta della luce. La scelta di buttare in un cassonetto i nostri scarti anche riciclati è scontata, modernamente naturale.
Fare la fila ad uno sportello no, quello non è scontato, ci diciamo che si potrebbe evitare se ci fosse una migliore organizzazione, uno Stato(Entità super scontata) che funzioni meglio. Ma direi di più, si danno per scontato tante altre cose, oltre il bancomat, la polizia stradale, il Canadair e la lavastoviglie, si dà per scontato che non ci saranno più guerre, che non ci sarà più la fame, che non si soffrirà più il freddo, al massimo si farà fatica ad arrivare a fine mese. Si dà per scontato che debba esistere il carcere così come il corso di danza per la figlia.
Andiamo in panico se manca lo zucchero per il caffè o il formaggio da grattare sugli spaghetti. Viviamo come se non dovessimo ammalarci mai, come se dovessimo vivere in eterno, anche se si pensa che l’unica cosa certa sia la morte, la madre delle certezze.
È ovvio che tutto questa scontatezza sia pericolosa e che nascondi una fragilità ed una ingenuità che non lascia presagire niente di buono per il futuro.
Credo quindi che sia meglio approcciare la vita in una maniera meno scontata, meno ipocrita, svelando la precarietà di ogni momento, di ogni cosa, di ogni rapporto.
Per esempio, io che da anni non dò quasi nulla per scontato, quando vedo la mia cacca sparire nel cesso rimango sempre sorpreso e un pochino perplesso.