tremare

Nel 1993(tutto accadde nel 93), con una parte della liquidazione (vedi "mi hanno fregato"),
me ne sono andato in India per ritirarmi, un mesetto, in un notissimo
ashram indiano.
Durante la partecipazione ad una “three days full immersion
meditation”, un viaggio nelle recondite regioni di me stesso, un
disastroso terremoto faceva qualche decina di migliaia di morti e
feriti nella illusoria vita materiale dell’India.

BOMBAY. 1 Ottobre 1993.
“Una tragedia umana di dimensioni inimmaginabili”.
Cosi’ i primi soccorritori hanno definito il terremoto che alle 4 della
notte di mercoledi’ ha devastato una zona centrale dell’ India, nello
Stato del Maharashtra. Le vittime sono almeno 16 mila, i feriti 10
mila, e il bilancio finale rischia di essere ancora piu’ grave. Sotto
le macerie ci sono ancora migliaia di corpi intrappolati e i soccorsi
fanno fatica a raggiungere questa area isolata, dove centinaia di
villaggi sono rasi al suolo. In alcune metropoli, come Bombay,
Madras e Hyderabad, le scosse (di 6,4 gradi della scala Richter)
non hanno provocato danni ma terrorizzato la popolazione, che ha
trascorso la seconda notte all’ aperto per paura di nuove scosse.
Fonte:Corriere.it

Io, come gli altri occidentali, non mi sono accorto di niente,
probabilmente perchè alloggiato in un moderno edificio piramidale
in cemento armato o forse perchè considerai il movimento tellurico
eventualmente avvertito, un riflesso del mio sconvolgimento
interiore.
Dopo tre giorni esco dall’ashram, illuminato, ma ignaro di quello
che era successo.
La famiglia dall’Italia era preoccupata ed io non mi facevo vivo.
Girovagando per la città ho notato qualche palazzo crollato e
un po’ di trambusto ma non ho dato peso a quello che vedevo,
d’altronde l’India può essere anche questo.
Mi stavo approssimando all’ingresso dell’ashram quando sono
stato avvicinato da un gruppo di persone che avevano allestito un
tavolo, simile a quello che si fa per la raccolte di firme qui da noi.
Annoiato e circospetto mi avvicino.
Improvvisamente, come se l’effetto della full immersion fosse
terminato, mi sveglio dal torpore mistico: erano studenti indiani che
raccoglievano fondi per i terremotati e mi chiedevano di affiggere
un manifestino-appello all’interno dell’ashram. Dicevano che non era permesso loro l’accesso a quel luogo.
Offro una mazzetta di denaro (5000 lire circa) e mi faccio dare un manifestino assumendo un’aria responsabile.
Entro nell’ashram e a fatica trovo un posto dove attacchinare il messaggio.
Sento una grande distanza tra l’interno e l’esterno.
Tra me e l’hashram.
Mi sento una merda.


il mio 68 é l’88

Mi è stato chiesto di scrivere qualunque cosa sul ’68, ma non posso scrivere del ’68, non sono esperienziato, ho perso il treno, ho visto l´autobus partire, la nave é salpata senza me, il check-in era giá chiuso e a Valle Giulia sono arrivato che i sanpietrini erano di nuovo tutti al loro posto.
Il ’68 per me non è esistito.

Ero invece presente nell´88.

Nel 1988 occupammo Sobbalzo, che non era la Sapienza e neanche il Virus, ma per noi quello era il nostro Maggio francese, era l’inizio e la fine della nostra rivoluzione e c’era anche chi ci credeva.

Posso parlare dell’88, che ne so qualcosa, non però a Parigi, a Berkeley o Roma, ma ad Imperia, in Piazza S.Francesco da Paola, al numero 68, primo piano a sinistra, essì perchè quell’edificio, il Palazzaccio, non riuscimmo mai ad occuparlo tutto, era troppo grande per le nostre paure.

Il lato destro, è vero, diventò poi nostro, ma al piano di sopra ci abitava un tipo strano, messo lí dall’amministrazione comunal-condominiale, una specie di portiere, pancia gonfia, Ape 50, una guardia sdarrupata, poco raccomandabile, un muro invalicabile, dovrebbe essere già morto.

Quando entrai la prima volta in quel palazzo, del ’68 sapevo pochissimo, e non ero l’unico, diciamo la verità, eravamo in tanti ad essere ignoranti.

Nel 1968 avevo sei anni, durante il Maggio, sei anni e quattro mesi, e mentre altri facevano le barricate io facevo le stanghette, ed ero senza opinioni, ero beato. Vent’anni dopo però noi ci ritrovammo con le chiavi del paradiso in mano, aprimmo e conobbi Marco Beltrami che mi disse: “Ciao, mi piace sapere con chi faccio le cose, mi chiamo Marco” porgendomi la mano, “Io sono Vito, piacere”. Qualche mese dopo involontariamente quasi mi accecava. Ma non era per questo che il mio rapporto con lui non funzionava. Adesso in Paradiso lui ci sta davvero, ed è anche in buona compagnia.

Oltre lui, conobbi tanta gente e anche la storia, feci un po’ di storia, fotografie, scrivemmo alcune delle più belle pagine della storia italiana. Come quel giorno in cui arrivando al Centro, sopra al portone d’ingresso c’era un tipo, in piedi, in equilibrio precario, sul davanzale della finestra, che pisciava sulla piazza sottostante, schivai lo zampillo ed entrai. Oggi quel tipo, vestito bene, giacca e cravatta, gira per Imperia e parla amabilmente con non so chi. Non era uno di noi, era un reazionario.

Eravamo tutti là dentro, tutto il nostro mondo stava lì, stipato, le sale erano stracolme, le persone ammassate una sopra l’altra, muri di corpi ardenti, che urlavano, scopavano, mangiavano, briciole dappertutto, le stanze erano senza muri, si sentiva tutto, l’immaginazione era al potere e anche la demenza.

Il tempo non esisteva, quell’88 è durato mille anni, una vita. E c’è chi c’è rimasto.

Ci facemmo le osse dentro quel sobbalzo, conoscemmo l’amore folle e il sano odio, l’anarchismo, il comunismo e il situazionismo, ma stavamo tutti insieme ed era questo il bello, finchè è durata.

Quelli che avevano fatto il 68 venivano nel Centro quasi di nascosto, sbirciavano, sfogliavano l’album dei ricordi, facevano domande, volevano capire, valutare, interpretare, ma a parte qualche eccezione rara, tenevano le distanze, ed alcuni li abbiamo anche cacciati.

Di settantasettini invece ce n’eran tanti, anche troppi forse. Avevano le idee chiare, troppo chiare rispetto a tanti che invece non sapevano di mezzi e fini ma vivevano il momento, e basta.

È là dentro che conobbi Franco Di Fiore, mio maestro, là dentro vennero i Negazione, a suonare attaccati al soffitto come ragni, in una stanza 4 per 4, sopra un lago di sudore, ho ancora i lividi. Conobbi uno, cento, mille geni e folli, alcolizzati, lucidi pensatori, un giorno arrivò anche un santone e fors’anche un terrorista in fuga, che ci fece il predicozzo perché si giocava a dama, o forse, ancora peggio, a scacchi. Là dentro nacque la Lega dei Furiosi, mica il Cespim.

Con l’Egregio, gestivo una stanza dentro il Sobbalzo, luogo di distribuzione di contro-informazione: libri, riviste, dischi, pezzi che oggi valgono oro al mercato dei collezionisti (brutta gente). Noi ce ne fregavamo del mercato, regalavano anche, e se ci rubavano qualcosa eravamo fin contenti, cosí imparavano. Era cosí tanto frequentata quella stanza che ce la facevano spostare in base alle necessitá: traslochi strategici. L’Assemblea con l’a maiuscola, ci metteva dove c’era bisogno ci fosse gente e se c’era una riunione dovevamo tenere chiuso.

Io stavo sempre lá, anche quando uscivo per andar a controllar biglietti, non volevo perdermi niente, ma mi sono perso tanto, succedevano troppe cose, mi sono perso per esempio le botte tra autonomisti e canisciolti. Ma che dico? Era giá il ’90.

Dentro Sobbalzo non c’era il male e neanche il bene, non c´era dualità, si sperimentava la libertà. Le idee erano tante quante i suoi frequentatori, era un casino, le assemblee erano senza regole, si urlava da sopra le sedie per farsi sentire, ma alla fine qualcuno decideva anche per tutti, all’unanimità e i timidi stavan zitti.

I muri pieni di autentici capolavori, anche un tipo con un cazzo in testa, spazio libero perchè occupato, nè eroina nè polizia, ma non era vero, non ce la facevamo a tenerli fuori, spingevano, volevano entrare, uno spazio libero da leccarsi i baffi, sia per i tossici che per i pulotti.

Un manifesto con un carabiniere con la testa di cane e un cane con la testa di carabiniere restò solo due giorni sui muri della cittá, eravamo troppo per Imperia.

“Normalizzatevi!” urló Claudio Scajola, il sindaco, mica uno qualunque.

Piú tardi, solo piú tardi, venne la moda del muro bianco e delle manifestazioni comunali per i graffitari.

Quest´anno fanno 20 anni.

20+20 fa 40, 40+6 fa 46, il conto é giusto.


apparso su: capitalismo

mi hanno fregato

Quando un lavoratore va in pensione, quando viene licenziato, e anche quando, come ho fatto io, interrompe volontariamente un contratto di lavoro, cioé si licenzia, ogni qual volta succede questo, egli ha diritto ad una piú o meno consistente buona uscita: la liquidazione.
A me, che avevo lavorato quasi 8 anni per le Ferrovie dello Stato, spettarono circa 13 milioni di lire.
Non mi sono messo a fare i conti, li ho presi e me ne sono andato.
Voi che avreste fatto?
Tredici milioni non sono tanti, ma sono molti, ed in ogni caso sono soldi veri, che mi venivano accreditati sul conto corrente bancario.
Ora, quei soldi, che erano miei, che mi sono intascato, una parte, circa il 30%, li ho spesi subito (cazzi miei;), e l´altra parte me li sono tenuti, cioé li ho tenuti in banca, che non é bello, lo so.

Qualche giorno fa ho saputo che un conoscente, un compagno, ha recensito nel seguente modo il mio splendido libretto ("Il buco quadrato" nda):
"E´ facile parlare per lui che ha preso la liquidazione…….".
Anche se il suo ragionamento sicuramente sará stato piú articolato, questa era la sostanza, questo mi é arrivato.
Non voglio sprecare tempo a rispondergli, la sua tesi é lacunosa, fors’anche una cazzata, ma per me questa polemica diventa un pretesto per riflettere sull´argomento.


Credo sia piuttosto diffusa l´opinione che se hai dei soldi, se hai dei risparmi o se addirittura hai delle proprietá, non sei piú puro, non puoi essere anarchico, non puoi sognare una societá anarchica, o per meglio dire, piú sei nullatenente e piú puoi arrogarti il diritto di arrabbiarti e volere la rivoluzione.
Lo sanno tutti che é una cazzata, lo sanno tutti che non sono i soldi il problema ma quello che importa é come li hai ottenuti, tra l´altro Bakunin era benestante ed anche Marx non se la passava tanto male.
E’ un modo di pensare peró molto piú radicato e strisciante di quello che si crede.


In teoria sono anche d´accordo, voglio dire, teoricamente meno possiedi piú sei libero, piú i tuoi mobili in casa sono leggeri, piú facili saranno i traslochi, piú la tua automobile é piccola e piú agevole la ricerca di un parcheggio, e vuoi mettere che libertá se hai un motorino! Si spende meno di bollo e di assicurazione, piú facile sorpassare.
E poi, i soldi, passano di mano in mano, si sporcano di unto, sudore e sangue, anche di sangue, e sfruttamento. Possedere soldi ti sporca, non possiamo negare d´essere tutti dei ricettatori, ma proprio tutti.
E che lo siamo tutti non significa che non lo é nessuno.


I soldi viaggiano di borsetta in borsello, vengono investiti, scippati, consegnati, rubati, elargiti, elemosinati e in ogni passaggio di mano si caricano di esperienze, spesso e volentieri drammatiche.
Non so da dove arrivano questi 10 euro, so solo che me li ha dati di resto il pizzicagnolo sotto casa. Una volta c´erano le Lire, ed eravamo certi che non arrivavano da troppo lontano, le banconote parlavano tutte la stessa lingua ed erano intrise di dolore e sudiciume italiano.
Adesso che c´é l´Euro e questa grande libertá di movimento, i soldi si spostano fino alla periferia del continente, e questi 10 euro, per quanto ne so io, potrebbero anche essere arrivati dall´Olanda passando per il valico di Brogeda, ed é probabile che stiano viaggiando da sette anni, che abbiano comprato di tutto, che se la siano tirata, che abbiano fatto la bella vita, e che, nella migliore delle ipotesi, potrebbero anche essere falsi.
Io ci credo all´energia delle persone e anche delle cose.
I soldi secondo me hanno un´energia negativa, se non altro perché circolano in questa societá, e quindi presumo che averne molti non faccia poi cosí bene.


Vabbé, se avessi rifiutato quei tredici milioni non sarebbe successo niente, sarei stato considerato ancora piú coglione ma, quel che piú conta, quei soldi non sarebbero spariti(pluff…non ci sono piú), sarebbero rimasti a disposizione dello Stato, della Banca d´Italia, una brutta fine o un pessimo inizio, direi, forse con quei soldi avrebbero comprato bombe da lanciare su Sarajevo.
A parte questo, una cosa che non ho fatto, e che invece avrei dovuto fare, é tentare di far diventare quei soldi qualcos´altro, cioé tentare una grande opera di purificazione: prima una bella passata in lavatrice, poi stesi ad asciugare sotto il sole per una settimana, poi lasciati qualche mese vicino ad una malachite, quindi, rigenerati come´erano e ben indottrinati, rimessi sul mercato, con un acquisto equo e solidale, una sorta di avanguardia monetaria per distruggere dall´interno la societá capitalistica.
Invece niente, qualche anno fa, con quei soldi ho comprato delle azioni, e mi hanno fregato.

ho controllato 3 milioni circa di biglietti


Nel 1984 fui assunto nelle Ferrovie dello stato come Conduttore.
I Conduttori sono quelli che controllano i biglietti sul treno.

Ho lavorato come conduttore circa 7 anni e mezzo, ho controllato circa 3 milioni di biglietti, ho detto circa un milione di volte, "Buongiorno, biglietti prego", fino al 19 Settembre 1992, giorno in cui ufficialmente mi licenziai.


Sono passati oramai piú di 16 anni.


Nel libretto racconto dell´ambiente di lavoro, un ambiente che ora non c´é piú, racconto del mio malessere e del percorso accidentato, anzi incidentato, che mi ha portato alla lettera di dimissioni.


Poi ho analizzato il periodo successivo, le nuove esperienze lavorative, i miei esperimenti, le crisi e le gioie. Mi sono chiesto se ho fatto la cosa giusta, se oggi farei la stessa cosa, e mi sono lasciato andare a considerazioni piú generali sul lavoro e sul non lavoro, sul lavoro fisso e precario, e sulla libertá.


Mi sono guardato, un po’ deriso, e mi sono anche commosso.


Pensavo che scrivere e condividere questo piccolo testamento senza eredi, potesse significare chiudere definitivamente con questo capitolo della mia vita, voltare pagina per andare  avanti o fermarmi da qualche parte, invece le reazioni al libretto sono state stimolanti, tanto che ho deciso di continuare a scrivere.


Se vuoi scaricare il libretto, guarda qui