Incontrare Stefano Bettini

Ieri sera, mentre tornavo a casa con il coprifuoco che stava per scattare che poi il fuoco dove sta non si sa, ricevo una telefonata da un numero sconosciuto.
Rispondo malvolentieri, come si risponde ai numeri sconosciuti, ma siccome era un’ora strana, non si sa mai, forse era una cosa importante:
“Ciao – dice una voce maschile che mi sembrava nuova – sono Stefano, Stefano Bettini, ti ricordi di me?”
“Urca” dico io.
“Nulla…Maremma maiala… sono un po’ nella merda, ho perso l’ultimo treno, non so dove andare a dormire, e starmene in giro con sto coprifuoco che poi il fuoco dove sta non si sa, mi piglia male”.
“Ti vengo a prendere” gli ho detto senza pensarci su due volte.
Parto e vado a prenderlo: stava ad aspettarmi alla Pensilina, di fronte la vecchia Talpa.
Un sacco che non lo vedevo. L’ultima volta, che l’ho vidi fu diversi anni fa che con l’Egregio e la Cappa si andò a Firenze. Erano i tempi del Mostro di Firenze.
In quell’occasione ci offrì generosamente ospitalità, togliendoci dalle grinfie del Mostro. Sembrava giusto contraccambiare.
Stefano Bettini stava in piedi, vestito casual, un piccolo trolley da viaggio, che guardava la vetrina dell’agenzia viaggi che sta alla Pensilina.
Me lo ricordavo simpatico Stefano Bettini e simpatico lo trovo ancora.
Occhiali, capelli corti grigi, assomiglia ad Harry Potter, ma più simpatico.
Andando in macchina verso Bellissimi, che era buio, gli ho descritto quel che non si riusciva a vedere, detto di quanti anni stavo in valle e della volta che ci siamo visti a Firenze.
Arrivati a casa, ho chiamato l’Egregio, che fu lui a farmelo conoscere (l’Egregio mi ha fatto conoscere tanta bella gente, questo è sempre stato il suo ruolo nella mia vita) e l’Egregio è impazzito, precipitandosi a casa mia nonostante il coprifuoco che poi il fuoco dove sta non si sa.
Abbiamo chiacchierato fino all’una, ho aperto anche una bottiglia che tenevo per le grandi occasioni e quella la era.
Tra le mille cose che gli ho detto, gli ho sottolineato ben due volte quanto lui fosse stato importante nella mia vita, e mentre lo dicevo mi chiedevo se anche io sono o sono stato importante per qualcuno.
Lui rideva. Ha riso molto e poi se ne è andato a dormire.
Il giorno dopo, Stefano Bettini, l’Egregio ed io, abbiamo fatto colazione con lo yogurt, i fiocchi e la frutta e poi siamo andati insieme alla Rabina a tirare frecce sul Comitato Disastri…
Che bello sarebbe se Stefano Bettini abitasse qui dalle mie parti.