Non sono mai stato un militante modello.
Non sono stato un rivoluzionario dei più coraggiosi. Lo ammetto.
Alle manifestazioni ho sempre cercato di evitare di trovarmi dentro scontri.
Non amo la violenza, astrologicamente sono terra terra.
Sono carente di fuoco. Non m’infiammo con facilità.
Non odio abbastanza.
Nonostante questo, ho dato il mio piccolo contributo.
Spesso solo numerico.
Di questi tempi, dopo quello che ho visto e, soprattutto sentito, durante questo periodo di psico emergenza, ho preso coscienza che la lotta politica per quello che è stata fino a oggi, non mi interessa più.
Serve un salto di coscienza e sento il bisogno di una riflessione collettiva che porti ad una svolta, un’evoluzione.
Non siamo più credibili.
22/11/2020
L’attivismo politico è morto.
21/11/2020
Questo è un periodo rivoluzionario. E non ce ne siamo accorti.
Prima che scoppiasse tutto, qui nella mia cittadina, stavamo cercando di organizzare, un festival letterario, una fiera del libro libertaria, antagonista, un momento di discussione e riflessione.
Sapete quale era stato il tema scelto? La catastrofe.
Ci avevamo azzeccato, tutto era nell’aria.
A Gennaio, discutendo del più e del meno con compagni e compagne, mi scappò di dire che stavamo vivendo un periodo pre-rivoluzionario.
Sembrava un’esagerazione, era invece una considerazione azzeccata.
Ci avevo visto giusto.
Perchè questo è quello che stiamo vivendo adesso, un momento storico di crisi del sistema.
Io, scemo, credevo che tutti fossimo sempre in attesa di una crisi, che una crisi fosse necessaria, che non ci dovesse spaventare, e adesso che eccola arrivata, non siamo stati capaci neppure di riconoscerla.
A questo punto non c’è più niente da fare.
Non mi aspetto più niente dal mondo della politica, dall’attivismo, dagli antagonisti.
Tabula rasa.
Mi ritiro nella mia piccola comunità. E mi metto in ascolto.
Aspetto un miracolo.
Che arriverà.