E così, pensi che io abbia un approccio sbagliato alla vita, che vivo nella sofferenza, che sono chiuso al mondo, che quindi sono io che voglio isolarmi, che mi emargino. Insomma sto sbagliando atteggiamento.
Ho cattive letture, cattive amicizie, cattive ideologie?
Ho sbagliato strada?
Se penso alle scelte che ho fatto nella mia vita, le vedo sempre motivate da un desiderio di benessere e libertà. Se sono venuto a stare dove stò, per esempio, è perchè volevo evitare di entrare nel mondo del lavoro, perchè di solito il lavoro fa stare male ed è politicamente inaccettabile, essere sfruttati, o autosfruttarsi. Nel mondo del lavoro ci sono stato per un decennio ma poi ho sentito che dovevo fare qualcosa, che dovevo smettere.
Mi sono illuso di fare scelte che potessero ridurre il rischio di ammalarmi, evitare di sfruttare gli altri, cercare un po’ di contatto con quello che è naturale, cercare di arrivare alla vecchiaia con le mie gambe, senza dover essere assistito.
Ma naturalmente ho fatto degli errori e ho dovuto confrontarmi con quello che sono, con le mie paure e i miei limiti. E a volte ho sbagliato nelle relazioni con le persone, con le quali ho spesso dovuto dare delle spiegazioni. Ho vissuto sulla difensiva, perchè tutto in questa società deve andare in una certa maniera e chi non segue la linea deve far i conti con il giudizio e il pregiudizio.
Ho fatto fatica, a modo mio mi sono scontrato e inevitabilemente sto perdendo: politicamente sono un perdente, economicamente sono un perdente, nei rapporti sociali sono uno difficile, e ora anche sentimentalmente sono sconfitto, non ci stai più dentro e sono abbandonato.
In questo momento sento d’essere arrivato alla fine di un percorso, che anno dopo anno si è fatto sempre più stretto. Prima che si chiuda definitiviamente è meglio che mi dia una mossa.
19/01/2013
piove affanno
12/01/2013
buco fisso
Oggi mi sono svegliato pensando che, in questo momento, un bel lavoro fisso mi farebbe proprio comodo.
Alzarsi con degli orari prestabiliti, una mansione che ti occupa la testa, tanti colleghi con cui scambiare quattro chiacchiere, una pausa per mangiare assieme ad altri, e poi riprendere nel pomeriggio, anche senza nessuna voglia, anche facendosi un poco di nervoso e di stress.
In momenti di difficoltà, invidio chi un lavoro o addirittura un posto fisso ce l’ha e lo può usare come psicofarmaco, sana alienazione che ti porta via da brutti pensieri, che fa passare del tempo, che distoglie dalla propria crisi, che ti allontana da te stesso.
È per questo, forse, che il lavoro, e il posto fisso in particolare, è così desiderato: perchè ci porta via dai nostri turbamenti, perchè rimanda il problema, che non sparisce, certo, rimane lì ad aspettarci, ma almeno non lo vediamo.
Invece sono qui. A guardarlo.
A guardare le pareti dei miei schemi, che devo superare.
Faccio fatica, forse non c’è niente da fare, ci provo.
21/12/2012
citazione 5 – parlar oscuro
“Per circa due milioni di anni – in pratica l’intera esistenza della nostra specie – la vita di tutto il genere umano, tranne in poche situazioni geografiche particolarmente favorite e in certe occasioni, consisteva soprattutto di lavoro. Gli uomini nascevano, lavoravano e morivano.”
Melvin Kranzberg. Joseph Gies “Breve storia del lavoro”
Oscar Mondadori 1999, pag.11
22/10/2012
sempre meno
“È proprio quando non hai niente da dire che devi scrivere!” – mi direbbe l’amico R.F.
Non sto bene, questa è la verità, ho un po’ di nausea. Devo cacciarmi due dita in gola o forse tutto il braccio, checcazzo ne so. Una cosa è certa, ho deciso che devo andare a vivere in jurta, vendere tutti i miei dischi hardcore, ma specialmente quelli new wave, primo fra tutti “Altrove” dei Diaframma, che forse ci faccio 200 euro, trovare e non comprare un terreno vista carcere, che guardo mentre cago, e copro con cura la merda esattamente come fanno bene i gatti, con una piccola smorfia e la zampa leggera. Non ho più interesse per la cosa, la casa, la cusa, mi voglio sentir leggero, possibilmente volare da una fascia e diventar pacciamatura. Che me ne faccio di tutto questo?
Devo svuotarmi, togliere togliere togliere, rimanere solo, buttare via tutti gli specchi, non mi servono 24 ore al giorno, non mi servono i soldi, come non mi serve il prurito anale. Voglio tornare nulla o tutto, non so se mi spiego, invece mi tocca prendere libri in biblioteca, in prestito, stuccare crepe.
Ho bisogno di poco per vivere, sempre meno, anche viaggiare diventa superfluo se non sono desiderato. Parlare non mi è mai piaciuto, voglio stare zitto, muto, mi esercito a camminar con gli occhi chiusi come fossi cieco e non lo trovo brutto. Non accendo più la luce, mi sveglio presto, mangio sempre meno cose, sempre le stesse, i capelli si tagliano da soli, le unghie non crescono, non si forma più la polvere, non ho più mobili, non vola più una mosca.
Potrei continuare a scrivere, ma forse può bastare, mi devo accontentare, contentare, essere contento perchè sento che mi manca veramente poco….. mi manca veramente pochissimo….. ci sono quasi.