citazione 5 – parlar oscuro

“Per circa due milioni di anni – in pratica l’intera esistenza della nostra specie – la vita di tutto il genere umano, tranne in poche situazioni geografiche particolarmente favorite e in certe occasioni, consisteva soprattutto di lavoro. Gli uomini nascevano, lavoravano e morivano.”

Melvin Kranzberg. Joseph Gies “Breve storia del lavoro”
Oscar Mondadori 1999, pag.11

sempre meno

“È proprio quando non hai niente da dire che devi scrivere!” – mi direbbe l’amico R.F.
Non sto bene, questa è la verità, ho un po’ di nausea. Devo cacciarmi due dita in gola o forse tutto il braccio, checcazzo ne so. Una cosa è certa, ho deciso che devo andare a vivere in jurta, vendere tutti i miei dischi hardcore, ma specialmente quelli new wave, primo fra tutti “Altrove” dei Diaframma, che forse ci faccio 200 euro, trovare e non comprare un terreno vista carcere, che guardo mentre cago, e copro con cura la merda esattamente come fanno bene i gatti, con una piccola smorfia e la zampa leggera. Non ho più interesse per la cosa, la casa, la cusa, mi voglio sentir leggero, possibilmente volare da una fascia e diventar pacciamatura. Che me ne faccio di tutto questo?
Devo svuotarmi, togliere togliere togliere, rimanere solo, buttare via tutti gli specchi, non mi servono 24 ore al giorno, non mi servono i soldi, come non mi serve il prurito anale. Voglio tornare nulla o tutto, non so se mi spiego, invece mi tocca prendere libri in biblioteca, in prestito, stuccare crepe.
Ho bisogno di poco per vivere, sempre meno, anche viaggiare diventa superfluo se non sono desiderato. Parlare non mi è mai piaciuto, voglio stare zitto, muto, mi esercito a camminar con gli occhi chiusi come fossi cieco e non lo trovo brutto. Non accendo più la luce, mi sveglio presto, mangio sempre meno cose, sempre le stesse, i capelli si tagliano da soli, le unghie non crescono, non si forma più la polvere, non ho più mobili, non vola più una mosca.
Potrei continuare a scrivere, ma forse può bastare, mi devo accontentare, contentare, essere contento perchè sento che mi manca veramente poco….. mi manca veramente pochissimo….. ci sono quasi.

ritornare alla terra (madre)………. cose non dette ieri sera

“Una tormenta di neve mista a pioggia continua ad imperversare.
Un vero tempo da cani.”

-brano scelto a caso da un libro a caso-

Non sono così sicuro di voler tornare alla terra.
Sicuramente non alle condizioni che il cattivo senso di questo tempo ci imporrebbe.
Ormai so troppe cose su questo sistema per credere che il nostro benessere possa passare attraverso la dittatura del decespugliatore.
Mi guardo attorno e sono contento di vedere alberi di ulivo che seccano. A loro non interessa del nostro destino e si lasciano morire senza crucciarsi troppo della sofferenza.
Sono contento che i giovani non vengano qui per tentare di riportarli in vita. Immaginate queste campagne sottratte al rovo a colpi di motoseghe, falciatrici, motozappe, trattori e trattorini, un esercito a motore che non mi porterebbe sollievo, ma solo voglia di andarmene.
Tirare in piedi i muri a secco? Secco contro cemento?
Solo i ricchi turisti vogliono i muri a secco perchè vogliono personaggi anacronistici che fanno mestieri antichi, qualcuno che fa sempre piacere avere attorno, tra una speculazione in borsa e una transazione immobiliare.
Ma…allora….cosa rompi il cazzo!
Proponi qualcosa di decente e che ci dia qualche soddisfazione anche economica.
Vabbè.
Se proprio vogliamo farci il culo su questa terra, se proprio vogliamo respirar miscela, logorare schiene, articolazioni, rischiar di cader da un albero o finirci sotto, spaccar pietre e tirare cristi, almeno….
Almeno cerchiamo d’essere onesti con noi stessi e di non prenderci per il culo. Cerchiamo prima di tutto di ridurre il rischio, come fossimo dei tossici, che significa ridurre il più possibile il lavoro, e poi collaborare il meno possibile, o anche niente, con una visione commerciale dell’agricoltura, infine smettere di raccontarci la storiella della campagna perduta e della gioia di vivere all’aria aperta.