Non sono mai stato un militante modello.
Non sono stato un rivoluzionario dei più coraggiosi. Lo ammetto.
Alle manifestazioni ho sempre cercato di evitare di trovarmi dentro scontri.
Non amo la violenza, astrologicamente sono terra terra.
Sono carente di fuoco. Non m’infiammo con facilità.
Non odio abbastanza.
Nonostante questo, ho dato il mio piccolo contributo.
Spesso solo numerico.
Di questi tempi, dopo quello che ho visto e, soprattutto sentito, durante questo periodo di psico emergenza, ho preso coscienza che la lotta politica per quello che è stata fino a oggi, non mi interessa più.
Serve un salto di coscienza e sento il bisogno di una riflessione collettiva che porti ad una svolta, un’evoluzione.
Non siamo più credibili.
22/11/2020
L’attivismo politico è morto.
21/11/2020
Questo è un periodo rivoluzionario. E non ce ne siamo accorti.
Prima che scoppiasse tutto, qui nella mia cittadina, stavamo cercando di organizzare, un festival letterario, una fiera del libro libertaria, antagonista, un momento di discussione e riflessione.
Sapete quale era stato il tema scelto? La catastrofe.
Ci avevamo azzeccato, tutto era nell’aria.
A Gennaio, discutendo del più e del meno con compagni e compagne, mi scappò di dire che stavamo vivendo un periodo pre-rivoluzionario.
Sembrava un’esagerazione, era invece una considerazione azzeccata.
Ci avevo visto giusto.
Perchè questo è quello che stiamo vivendo adesso, un momento storico di crisi del sistema.
Io, scemo, credevo che tutti fossimo sempre in attesa di una crisi, che una crisi fosse necessaria, che non ci dovesse spaventare, e adesso che eccola arrivata, non siamo stati capaci neppure di riconoscerla.
A questo punto non c’è più niente da fare.
Non mi aspetto più niente dal mondo della politica, dall’attivismo, dagli antagonisti.
Tabula rasa.
Mi ritiro nella mia piccola comunità. E mi metto in ascolto.
Aspetto un miracolo.
Che arriverà.
05/10/2020
Ma, detto con tutto il cuore, non sarebbe stato meglio starsene a casa?
Sabato scorso, ho messo in scena, per la seconda volta, il mio monocorpologo teatrale, titolato “Le scarpe di mio padre”.
L’ho messo in scena in uno spazio privato, tutto sommato piccolo(80/90 metri quadri) davanti a una quarantina di persone, in assoluta mancanza di regole imposte o consigliate.
Ognuno si comportava come meglio credeva: tenere il distanziamento o meno, tenere o meno la mascherina, fare cioè come sentiva meglio per sé e per gli altri.
Due quarti, cioè la metà degli intervenuti, mi è sembrato tutto sommato tranquillo, senza mascherina, e nessun problema in relazione al distanziamento, un quarto degli intervenuti mi è sembrato prudente, non aveva la mascherina, ma si muoveva con circospezione, invece il rimanente quarto era visibilmente preoccupato, con la mascherina e attentissimo al distanziamento, qualche persona non è voluta entrare e una persona ha chiesto di tenere la porta del locale aperta e si è tenuta sull’uscio.
Mi tocca fare alcune riflessioni riguardo come mi sono vissuto io la serata.
La prima cosa che ho sentito è che la mia teatralità, diciamo così per capirci, è stata, ovviamente, influenzata dal clima e dalla tensione che ammorbava l’aria. Mi sono sentito poco rilassato e la fluidità del mio agire ne ha risentito, ho avuto diversi blocchi nella memoria del testo e nelle parti danzate e corporee mi sono sentito poco presente.
Fortunatamente, durante il mio pezzo, le mascherine tra il pubblico, quello che potevo vedere io, erano poche. Mi chiedo come avrei reagito se le mascherine fossero state numerose, probabilmente mi sarei fermato, ma non sono sicuro.
Assolutamente non voglio giudicare chi ha paura, chi è fortemente preoccupato, chi sostanzialmente crede a quello che ci viene raccontato e come ci viene raccontato, ma una cosa sento di volerla dire, alla luce di quello che ho visto e vissuto: perchè chi ha paura non se ne sta a casa?
Con tutto il rispetto immaginabile, se credete di rischiare il contagio o rischiare di contagiare gli altri, perchè dovete portare la vostra energia negativa in una situazione che vi mette a disagio? Perchè scaricare sugli altri la vostra paura? Perchè decidete di stare in un luogo in tensione e preoccupati per poi portarvi a casa i vostri dubbi e le vostre paranoie, con le quali vi toccherà di fare i conti anche nei giorni a seguire?
Le risposte ovviamente credo, in parte, di averle, per esempio che chi ha paura ha bisogno anche lui/lei di socialità, di vedere persone, di stare in contatto con gli amici in situazioni creative e tutto il resto, ma, cazzo, una cosa potenzialmente piacevole, fatta con la paura, più che piacere non può che portare dispiacere, malessere, tanto vale non farla e lasciare liberi gli altri, o no? Oppure, visto che con la paura ci dovete fare i conti, perchè non cercate di andare alla sua radice per provare a sradicarla? O se non sradicarla, almeno impedirgli di possedervi?
04/10/2020
Tampone e libertà
Che qualcuno mi obblighi direttamente o indirettamente a farmi un tampone o farmi un esame del sangue, per non parlare di terapie sanitarie di qualunque tipo, la ritengo una mostruosità.
Posso capire che mi possa venire il desiderio di sapere se sono positivo o meno, ma la scelta di farmi analizzare DEVE essere e RIMANERE mia. E poi, il risultato dell’analisi DEVE RIMANERE un cazzo mio, non che qualunque stronzo possa conoscere il mio stato di salute e con questa conoscenza impedirmi di muovermi, lavorare, incontrare chi cazzo voglio.
Perchè abbiamo abdicato a questi fondamentali valori di libertà?
Se mi becco un’influenza me ne sto a casa e guarisco, di solito evito di incontrare i conoscenti, evito che altre persone vengano a trovarmi o se vogliono venirmi a trovare anche dopo che io li ho informati che sono malato, sono cazzi loro, non posso impedire niente agli altri e nessuno ha il diritto di intervenire nel tipo di relazione che ho io con i miei conoscenti.
Se sono costretto ad andare in ospedale, per qualunque cosa mi vogliano fare, DEVONO avere il mio consenso ed inoltre DEVE rimanere informazione inviolabile. Non è un caso che si parla di segreto professionale.
Perchè un movimento antagonista non si muove per difendere questo basilare valore?