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9° proverbio anarco/primitivista

“Ambasciator non porta pena, giudice non porta condanna, medico non porta diagnosi negativa, carabiniere non porta manganellata, insegnante non porta brutti voti, coltivator di olive non porta veleni, il lavoro non porta morte.”

fetere

Per più di otto mesi ho sofferto.
Qualche giorno di più, qualche giorno di meno.
Non ho preso droghe, non ho bevuto, niente psicofarmaci.
Solo, a confrontarmi con la mente ossessiva che giudica me e giudica tutto il mondo, che mette ansia, paranoia, angoscia.
Qualche volta ho fatto veramente fatica a non identificarmi con i miei pensieri e seguire quello che desideravano.
Non mi sono aggrappato al lavoro come molti mi hanno consigliato; mi sono concesso, qualche volta, di disturbare qualche amico e amica e mostrare loro le mie lacrime.
Adesso mi illudo che il peggio sia passato.
Sono convinto che la vita, in tutte le sue manifestazioni, debba essere lasciata libera di manifestarsi, e che la vita non sia sti cazzo di pensieri che arrivano e ti divorano.
La nostra cultura, la civiltà, l’educazione, secoli e secoli di sofferenza e tragedie, è questo quello che siamo? O sono solo un fardello che ci portiamo addosso? È possibile sbarazzarsi di tutta questa merda?
Prendere consapevolezza è sufficiente?

sempre meno

“È proprio quando non hai niente da dire che devi scrivere!” – mi direbbe l’amico R.F.
Non sto bene, questa è la verità, ho un po’ di nausea. Devo cacciarmi due dita in gola o forse tutto il braccio, checcazzo ne so. Una cosa è certa, ho deciso che devo andare a vivere in jurta, vendere tutti i miei dischi hardcore, ma specialmente quelli new wave, primo fra tutti “Altrove” dei Diaframma, che forse ci faccio 200 euro, trovare e non comprare un terreno vista carcere, che guardo mentre cago, e copro con cura la merda esattamente come fanno bene i gatti, con una piccola smorfia e la zampa leggera. Non ho più interesse per la cosa, la casa, la cusa, mi voglio sentir leggero, possibilmente volare da una fascia e diventar pacciamatura. Che me ne faccio di tutto questo?
Devo svuotarmi, togliere togliere togliere, rimanere solo, buttare via tutti gli specchi, non mi servono 24 ore al giorno, non mi servono i soldi, come non mi serve il prurito anale. Voglio tornare nulla o tutto, non so se mi spiego, invece mi tocca prendere libri in biblioteca, in prestito, stuccare crepe.
Ho bisogno di poco per vivere, sempre meno, anche viaggiare diventa superfluo se non sono desiderato. Parlare non mi è mai piaciuto, voglio stare zitto, muto, mi esercito a camminar con gli occhi chiusi come fossi cieco e non lo trovo brutto. Non accendo più la luce, mi sveglio presto, mangio sempre meno cose, sempre le stesse, i capelli si tagliano da soli, le unghie non crescono, non si forma più la polvere, non ho più mobili, non vola più una mosca.
Potrei continuare a scrivere, ma forse può bastare, mi devo accontentare, contentare, essere contento perchè sento che mi manca veramente poco….. mi manca veramente pochissimo….. ci sono quasi.

plastica

Ma…..lo spazzolone di plastica del cesso, usato, logoro, sporco, lo posso depositare nel cassonetto del riciclo?
Dico questo perchè mi immagino che tutto quello che viene gettato nei bidoni di raccolta differenziata, in special modo in quello della plastica, molto probabilmente verrà smistato, scelto, toccato e meditato da mani umane e, di conseguenza, non mi lascia tranquillo la possibilità plausibile che una persona, un’operaia, un addetto di fabbrica, prendendo in mano per un attimo sto spazzolone palesemente usato e lercio, giustamente, mi possa, tramite di esso, mandare affanculo.